Dopo il tramonto, sulle terrazze della reggia, Marco Polo esponeva al sovrano le risultanze delle su, ambascerie. D'abitudine il Gran Kan terminava le sue sere assaporando a occhi socchiusi questi racconti finché il suo primo sbadiglio non dava il segnale al corteo dei paggi d'accendere le fiaccole per guidare il sovrano al Padiglione dell'Augusto Sonno. Ma stavolta, Kublai non sembrava disposto a cedere alla stanchezza. - Dimmi ancora un'altra città, - insisteva.
- ... Di là l'uomo si parte e cavalca tre giornate tra greco e levante... - riprendeva a dire Marco, e a enumerare nomi e costumi e commerci d'un gran numero di terre. Il suo repertorio poteva dirsi inesauribile, ma ora toccò a lui d'arrendersi. Era l'alba quando disse: -Sire, ormai ti ho parlato di tutte le città che conosco.
- Ne resta una di cui non parli mai.
Marco Polo chinò il capo.
- Venezia, - disse il Kan.
Marco sorrise. - E di che altro credevi che ti parlassi?
L'imperatore non batté ciglio. - Eppure non ti ho mai sentito fare il suo nome.
E Polo: - Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia.
- Quando ti chiedo d'altre città, voglio sentirti dire di quelle. E di Venezia, quando ti chiedo di Venezia.
- Per distinguere le qualità delle altre, devo partire da una prima città che resta implicita. Per me è Venezia.
- Dovresti allora cominciare ogni racconto dei tuoi viaggi dalla partenza, descrivendo Venezia così com'è, tutta quanta, senza omettere nulla di ciò che ricordi di lei.
L'acqua del lago era appena increspata; il riflesso di rame dell'antica reggia dei Sung si frantumava in riverberi scintillanti come foglie che galleggiano.
- Le immagini della memoria, una volta fissate con le parole, si cancellano, - disse Polo. - Forse Venezia ho paura di perderla tutta in una volta, se ne parlo. O forse, parlando d'altre città, l'ho già perduta a poco a poco.
Testo: Italo Calvino, Le città invisibili, 1972
Illustrazione: William Turner, S. Giorgio Maggiore, 1819
Dopo il fiume di Bradbury (post del 11.ott.2012), possiamo continuare a parlare di "itinerari". Marco Polo, uno dei più grandi esploratori che sia mai esistito, racconta quanto ha visto alla luce di Venezia. Senza la luce di un origine, di qualcosa che precede a da senso allo stesso concetto di viaggio (e cioè della città natale di Polo) lo sguardo del viaggiatore si riempie di nebbia. Anche il mistero della vita può essere visto così. Dio, come Venezia, non è una tappa in più del viaggio; sono gli stessi occhi dell’esploratore.
RispondiEliminaciao Jesus ! complimenti per il blog..
RispondiEliminaCome non rimanere affascinati da questo testo.
"ho paura di perderla tutta in una volta " succede spesso che non riusciamo a trovare parole per descrivere le emozioni che proviamo.Le parole sono il prodotto di pensieri che prendono una piega razionale . Come si può rendere razionale la felicità ? è come se dovessimo spiegare il concetto di infinito... bellissimo testo...